Enrico Janin - La prima moneta di Genova
Da "A Compagna" anno XXV n.4-5 Luglio/Ottobre 1993 - Art. n.3
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Parliamo ancora un po' della prima moneta genovese, il denaro, coniato a partire dal 1139. Anzitutto, occorre precisare che moneta è il denaro: senza entrare in particolari, va ricordato che fra i parecchi suoi meriti Carlo Magno ha avuto anche quello di aver realizzato una riforma monetaria che ha messo un po' d'ordine nella confusa situazione susseguente alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente (476 d.C.).
Nel 779 d.C. Carlo Magno mise in vigore nei suoi domini un sistema monetario molto semplice, basato su un solo tipo di metallo, l'argento. Una libbra d'argento, del peso da lui stabilito in gr. 408, veniva "tagliata" (cioè divisa) in 240 denari, del peso iniziale, quindi, di circa gr. 1,7 ciascuno. Dodici denari costituivano un soldo, e venti soldi (cioè appunto 240 denari) una lira. La lira era una "moneta di conto" cioè (si badi bene) non reale. Per chiarirci le idee con un esempio pratico (e anche un po' triste) ricordiamoci che noi oggi ragioniamo in termini di milioni, ma non esiste (temo ancora per poco) una moneta o banconota da un milione di lire.
Non sembri strano questo sistema basato su numeri come duecentoquaranta, venti e dodici: fino a non molti anni fa ad esempio in Gran Bretagna la sterlina valeva venti scellini, e ciascuno scellino dodici "pence": in totale duecentoquaranta pence, cioè denari. Tanto è vero che sulle monete e sui francobolli inglesi l'abbreviazione che precedeva il valore in "pence" era "d" e non "p" o altro, nonostante quasi tutte le nazioni europee avessero adottato il sistema metrico decimale, nato in Francia verso la fine del 1700 durante la Rivoluzione Francese. E a chi non è più giovane, ricorderò che la monetina di rame da cinque centesimi si chiamava soldo (a Genova "palanca") ed era appunto la ventesima parte della Lira. Cioè, la vecchia denominazione carolingia era rimasta in uso, adattata al sistema metrico decimale.
Per l'inesorabile legge della svalutazione, il primo denaro battuto a Genova nel 1139 pesava — come detto — non più di un grammo, e l'argento non era più quasi puro, ma ridotto a circa 300 millesimi. Al diritto (Foto n. 1) entro un cerchio, la leggenda IANVA, salvo poche eccezioni scritta -IA - NV - A - preceduta da una crocetta. Entro un altro cerchio interno appare il castello genovese a tre torri, quello da cui derivò il punzone degli argentieri genovesi, (i "fraveghi") il famoso marchio "Torretta" ricercatissimo suggello di rarità per le argenterie genovesi antiche.
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Foto 1 | Foto 2 |
Parecchi pensano si tratti di una porta, per il fatto che quella specie di palmetta che figura all'interno dà in effetti l'idea di una porta a due battenti, e inoltre occorre ricordare che IANVA è il nome latino di porta. Accennando solo, poi, alla ben nota affermazione che Genova era la "porta" attraverso la quale dal Mediterraneo passavano i traffici verso l'Europa. Ma su questo ci sarebbe da scrivere all'infinito.
Al rovescio appare la Croce (come detto) frequentissima nelle monete di quel tempo, e intorno la scritta CVNRADI REX a ricordo di Corrado II e della sua concessione a Genova di battere moneta. Notare ancora come CVNRADI non sia un genitivo latino (cioè "di Corrado"), ma l'abbreviazione di CVNRADVS: la lettera I è in effetti fornita in alto a sinistra di una specie di gancetto che la trasforma nell'abbreviazione di cui sopra. Altri tipi di abbreviazioni simili erano allora molto in voga, con grande gioia dei paleografi e un po' meno di noi moderni.
Poco tempo dopo il 1139, la Zecca genovese inizia la coniazione di un'altra moneta, la "medaglia". Non si tratta di una medaglia come la intendiamo noi oggi, ma di una monetina che vale mezzo denaro. Stesse caratteristiche per quanto riguarda l'aspetto e la lega, ma dimensioni minori (circa 12 mm. di diametro) e peso di circa 0,4 grammi. Non ci dilungheremo su questa moneta, solo un po' meno comune del denaro, col quale potete confrontarla in fotografia. (Foto n.1)
L'usura dei conii, che a quei tempi avevano durata piuttosto breve, il fatto che il denaro genovese venne coniato più o meno fino al 1339 e cioè per circa duecento anni, e conseguentemente l'elevato numero di incisori che si succedettero nella preparazione dei conii medesimi, hanno prodotto un numero grandissimo di varianti (pare più di cinquecento) pur mantenendosi invariata la tipologia. Si hanno evidenti diversità nella foggia delle lettere, in quella dei due cerchi che possono essere costituiti da una sorta di collana di perline, fino a trasformarsi (vedere Foto n. 1) in un cordoncino più o meno finemente rigato, che in alcuni esemplari è addirittura un cerchio omogeneo.
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Foto 3 | Foto 4 |
Diversissime sono le dimensioni e la forma del Castello così come, al rovescio, si può dire della Croce e dei segni (crocette, mezze lune, lettere gotiche, etc.) che appaiono nel campo della stessa Croce (Foto n. 2 - 3 - 4). Esistono però anche segni come punti o anellini sotto, entro o intorno al Castello.
Il denaro primitivo genovese è moneta piuttosto comune, nel senso che ne sono giunti a noi molti esemplari. Il sogno di alcuni soci del Circolo Numismatico Ligure "Corrado Astengo" sarebbe quello di portare avanti il tentativo di mettere un po' d'ordine — specialmente cronologico — in questo mare di varianti.
Ma siamo pochi e — è proprio il caso di dirlo — con pochi "denari"...
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Ultimo aggiornamento Nov.2000 |
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