Enrico Janin - I dogi Giovanni da Murta, Giovanni Valente e i grossi da lui battuti
Da "A Compagna" anno XXX n.1 Gennaio/Febbraio 1998 - Art. n.13


I dogi Giovanni da Murta, Giovanni Valente e i grossi da lui battuti

Il 25 dicembre 1344, subito dopo la rinuncia del Boccanegra, viene eletto Doge (il secondo, riferendoci alla nuova forma di governo) Giovanni da Murta, la nota località della Valpolcevera. Nato presumibilmente nei primi anni del Sec. XIV, fu uno dei pochi Dogi che seppe governare equamente e senza spirito di parte. Di famiglia sufficientemente ricca e di professione banchiere, è ricordato dagli storici come buon cittadino, onesto nei traffici, galantuomo e modesto, che non si era affatto dato da fare con maneggi più o meno puliti, per raggiungere la carica di Doge.

Egli si adoperò per pacificare la città: Genova non era certamente da meno di molte altre città della penisola per quanto riguarda furibonde lotte intestine fra fazioni diverse e spesso numerose.

Giovanni affrontò l'annoso e grave problema dei fuorusciti (fra cui principalmente i Grimaldi) che a più riprese tentarono addirittura la conquista di Genova. Il Doge, alla fine del 1345, fece armare dai privati una flotta di 25 galere (altri dicono 29), al comando dell'ammiraglio Simone Vignoso, che ben presto passò all'azione.

Conclusa rapidamente l'azione con la fuga dei Grimaldi a Marsiglia, le galere agli ordini di Vignoso furono dalla repubblica inviate nel Levante, pare in aiuto di Caffa, assediata dai tartari di Jani-beg.

Giunti a Scio, la nota isola dell'egeo posta davanti alle coste dell'Anatolia, già sotto il dominio genovese e poi perduta, Vignoso sbarcò e riconquistò l'isola. Tornato a Genova, fu colmato di onori e di ringraziamenti, ma non ebbe le 203.000 lire (una cifra allora notevolissima), che la Repubblica doveva a lui e ai suoi soci.

Come sempre (e non solo a Genova) i soldi li avevano i privati: lo Stato, già allora, era ricco solo di debiti: come vedete, la storia si ripete. Per questo, il 26 febbraio 1347 Vignoso e i sui soci ottennero dalla Repubblica il diritto di amministrare Scio e di sfruttarne le notevoli risorse naturali, sia pure in presenza di un Podestà nominato da Genova.

Nacque così la Maona di Scio, sulla cui etimologia molto si è discusso ma che, con le parole del non mai abbastanza compianto storico genovese Teofilo Ossian De Negri, fu "... una delega sulla carta di funzioni statali ad una associazione armatoriale e commerciale privata...".

Notevoli anche gli sforzi del Doge per rafforzare il dominio genovese in Corsica, cosa - come tutti sanno - nient'affatto facile.

Purtroppo, Giovanni da Murta fu anch'egli colpito dalla terribile epidemia di peste, diffusasi in Europa proprio a partire dalla Crimea (anzi proprio da Caffa) e ne morì il 6 gennaio 1350. Venne seppellito nella Cattedrale di San Lorenzo.

Giovanni da Murta non fece coniare monete con le sue iniziali o con le parole "DVX SECUNDUS": così, almeno, si evince dalle ricerche numismatiche fatte fino ad oggi. A me pare strano che un doge rimasto in carica più di cinque anni - per di più anni importanti nella storia di Genova - non abbia battuto moneta. Non ho prove certe, ma mi piacerebbe capire qualcosa di questo problema.

Il 9 gennaio 1350 fu eletto terzo doge di Genova Giovanni Valente, nato intorno al 1280 da Buonagiunta banchiere e Giacomina della Volta: a loro è dovuta, fra l'altro, l'erezione del (minuscolo) Monastero della chiesa di S.Bartolomeo dell'Olivella, detto anche San Bartolomeo del Carmine.

Dopo aver tentato - al solito - di pacificare le fazioni a Genova, si dedicò al potenziamento dei possessi genovesi sia dell'Egeo che a Costantinopoli (dove i Genovesi avevano la loro base nel quartiere di Pera), non trascurando la Corsica.

Foto 1

La grave sconfitta navale inflitta dai Veneziani a Genova nell'agosto 1353 aggravò i disordini fra i genovesi, molti dei quali erano propensi a chiedere aiuto e protezione ai Visconti di Milano (i quali , del resto, non aspettavano altro, per avere uno sbocco al mare). In questa situazione, il 9 ottobre 1353 Giovanni Valente rinunciò volontariamente al potere. Morì nel 1360, e fu sepolto - con tutta probabilità - proprio nella chiesa di San Bartolomeo dell'Olivella. Chi fu il suo successore nella carica dogale, ve lo dirò prossimamente.

Giovanni Valente (almeno fino a quanto se ne sa oggi) fece coniare un solo tipo di moneta, il grosso d'argento del diametro di circa 24 mm. e del peso di circa 3 grammi, caratterizzato da ornati più semplici di quelli dei grossi di Simone Boccanegra, con lettere più spaziate e leggenda "DVX IANVE TERCIVS".

I grossi di Giovanni Valente sono parecchio difficili da trovare, e sono spesso mal conservati e quindi non ben leggibili.

Ne esistono due varianti, una delle quali è caratterizzata dalla presenza, sotto al castello di un segno di zecca costituito da una T nella quale la barretta orizzontale assume la forma di un segmento (settore) circolare. Ragione per cui, fra noi numismatici liguri, tale moneta è nota come quella col "funzo", il fungo.

 


Ultimo aggiornamento Nov.2000

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