Enrico Janin - Le monete in Liguria fino al 1528.
Da "Genova 96 verso il 2000"
14° manifestazione filatelico-numismatica genovese Febbraio 1996


Le monete in Liguria fino al 1528.

Introduzione

Succede spesso, a mio parere, che per quanto riguarda la numismatica (e non solo essa), quando ci si riferisce ad una regione si tenda a parlare solo di ciò che attiene al capoluogo. Penso perciò che in una sia pur non approfondita panoramica della monetazione della nostra terra non ci si deva limitare ad esporre l'attività della zecca di Genova, ma si debba fare un cenno - sia pur brevissimo - anche su quella delle zecche minori, che è spesso altrettanto interessante. Direi che in alcuni casi lo è ancora di più, rivestendo aspetti di particolare fascino.

Né va dimenticato un cenno a quella che è stata la presenza in Liguria di monete nel tempo antico, i cui ritrovamenti costituiscono inoppugnabili documenti di traffici, di rapporti economici e di dominazioni romane, longobarde, bizantine etc. Esse sono forse tra i reperti archeologici più utili per proseguire in quella che è la continua faticosa aggiunta di piccoli tasselli al grande mosaico della nostra storia, opera alla quale ciascuno di noi può contribuire, non importa per quanto, e anche se non saremo certo noi a vederne il completamento.

Monete in liguria prima del 1139

Un breve preambolo sull'etimologia di alcuni termini collegati alla numismatica, compresa proprio l'etimologia della stessa.

Il termine "numismatica" deriva dal greco "nòmisma" cioè moneta ufficiale garantita dalla legge ("nomos"), da cui il termine latino "nummus". Dal fatto che prima della moneta vera e propria si usava come mezzo principale di scambio il bestiame (in latino "pecus") derivano parole tuttora usate come "pecunia" e "peculio"; dai capi di bestiame (in latino "capita") deriva la parola "capitale".

Infine perché la moneta si chiama così? A Roma, presso l'odierna chiesa di Aracoeli in Campidoglio, sorgeva il tempio di Giunone "Moneta" (cioè "ammonitrice" o "avvisatrice"), termine cui pare sia legato il fatto più o meno leggendario delle "oche del Campidoglio" all'epoca dell'invasione di Roma da parte dei Galli (390 A.C.). Nei pressi si trovava l'officina della zecca, localizzata comunemente come "ad monetam", cioè presso il tempio di Giunone Moneta. Di qui il termine "moneta".

Le prime monete circolanti in Liguria (a parte la certa presenza di monete etrusche e puniche, cioè cartaginesi) furono indubbiamente le dramme marsigliesi. Ciò perché Marsiglia, (detta allora Massalia) stanziamento di coloni provenienti dalla Focea, regione situata sulle sponde egee dell'Anatolia, era il più fiorente centro commerciale della zona, e già nel V secolo A.C. coniò dramme e oboli propri. Dramme e oboli, ricordiamolo, sono nomi corrispondenti all'unità e alla frazione nel sistema monetario dell'area greca e - per estensione - nord mediterranea.

Le prime vere monete liguri sono le dramme coniate in loco ad imitazione (circa 390 A.C.) delle dramme marsigliesi, portate in Liguria da mercenari liguri reduci da una spedizione navale marsigliese inviata all'alleata Velia. Tali coniazioni si estesero poi, per imitazioni locali a tutta l'Italia settentrionale.

Da ricordare (importante non solo per noi liguri) che a questo tipo di monetazione appartengono dramme e oboli trovati durante la costruzione (settembre 1923) della ferrovia Genova - Casella nella zona di Serra Riccò (per noi genovesi a Niusci presso Crocetta d'Orero). Al diritto il volto della dea Diana volta a destra, al rovescio il leone stilizzato, molto simile ad uno scorpione, anch'esso volto a destra. Da notare l'irregolarità della battitura per inesperta coniazione.

Per dare un'idea della diffusione di questa monete, basti ricordare che dramme di questo tipo (dette genericamente dramme padane) vennero rinvenute addirittura in Cornovaglia, regione ricca di miniere di stagno. Fin lassù arrivarono i commercianti di allora, per procurarsi l'ambìto metallo: all'estremo limite sud-ovest dell'Inghilterra.

Siamo all'epoca della conquista romana: dopo più di un secolo di disperata resistenza (ricordiamo solo la deportazione in massa dei Liguri Apuani nel Sannio) i Liguri debbono cedere allo strapotere e all'organizzazione romana. E in Liguria circolano i vittoriati (monete d'argento che portano nel loro nome la loro ragione di essere) e poi i classici denari romani.

Un ligure è effigiato nelle monete imperiali romane: Publio Elvio Pertinace, ligure (forse di Vado) imperatore dei romani per soli tre mesi (193 D.C.) persona di buone capacità, che non poté esplicare a lungo per le solite congiure di palazzo (già allora...).

A Genova circolarono indubbiamente monete longobarde (anche d'oro, come i "tremissi") al tempo di Rotari (636 - 652) che conquistò e distrusse Genova nel 641.

La seconda emissione monetale veramente ligure, dopo le dramme di derivazione marsigliese, è quella delle monete di piombo battute a Luni (floridissimo porto ai confini con l'odierna Toscana) per ordine del vescovo locale nel VII Sec. D.C. sia con l'effigie della Vergine sia con le scritte "ECCL. // BAE" ("Ecclesiae Basilianae") piuttosto rare, ma ancora oggi reperibili sul mercato numismatico.

Notevole diffusione, specie per quanto riguarda la monetazione aurea, ebbero le monete bizantine, e successivamente con l'espansione araba nel Mediterraneo (importantissima sia nel bene che nel male), le monete arabe, la cui unità base era il "Dirhem" d'oro puro , del peso di circa 3,5 grammi, denominate (specie negli atti notarili genovesi) "marabotini" o "massamutini". E come vedremo, le maggiori potenze commerciali italiane (Genova, Firenze e Venezia) batterono in seguito le loro monete d'oro con il medesimo peso e lega, con evidenti comodità e semplificazioni negli scambi commerciali.

Genova divenuta oramai (Sec. XI) notevole centro commerciale marittimo, non batte ancora moneta propria: impiega monete arabe e anche bizantine e, per usi spiccioli, i denari pavesi d'argento detti anche "bruni" o "brunetti". Perché denari di Pavia? Perché essi erano battuti per conto dell'autorità imperiale. Qui occorre un cenno di spiegazione sul denaro medioevale, base di tutte (o quasi) le monetazioni europee.

Fu Carlo Magno che, poco prima dell'anno 800, istituì un nuovo sistema monetario monometallico, basato in questo caso sull'argento, per mettere ordine nella materia che, dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente (476 D.C.) era diventata qualcosa di ben poco chiaro. Egli stabilì che da una libbra d'argento (peso di poco superiore ai 400 grammi) venissero ricavati 240 denari. Dodici denari formavano un soldo, 20 soldi formavano una lira (esempio di nome di moneta derivato da nome di peso), comunque allora moneta in pratica non esistente, ma "moneta di conto": anche oggi noi ragioniamo in termini di milioni, ma non abbiamo ancora banconote di quel taglio.

Alla fine del secolo XI, comunque i denari, sia pavesi che di altre città, avevano già subito l'inesorabile svalutazione: peso circa 1 grammo, argento fino circa 1/3.

Monete della zecca di Genova a partire dal 1139

Nel 1138, per Genova, la svolta. Una delegazione genovese, della quale fa parte Caffaro, cronista ufficiale della Repubblica e certamente il più illustre annalista genovese, si reca a Norimberga dove viene ricevuta da Corrado II di Svevia, Re dei Romani (visto che si tratta del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica). Notare che Corrado non aveva ufficialmente il titolo di Imperatore, non essendo stato ancora incoronato con tale titolo dal Pontefice.

Corrado concede ai Genovesi il privilegio di battere moneta, con apposito diploma, in cui viene specificata la data del 1138. Caffaro afferma invece che il privilegio viene concesso nel 1139. Contraddizione solo apparente: Corrado firmò tale diploma negli ultimi giorni del 1138, ma in quel tempo a Genova l'anno nuovo (1139, in questo caso) cominciava il 25 dicembre .

La Zecca, posta nei pressi della Chiesa metropolitana di S.Lorenzo, battè inizialmente il denaro, una piccola e sottile moneta del diametro medio di 15 millimetri, di peso di regola poco meno di un grammo, in argento di lega molto bassa (circa 300 millesimi). Al diritto compare il noto "Castello genovese" a tre torri circondato dalla scritta IANVA, antico nome di Genova. Al rovescio, la Croce (simbolo che ricorre nella quasi totalità delle moneta medioevali), e la scritta CVNRADI REX, a ricordo di Corrado.

Questa prima moneta genovese venne battuta a più riprese per quasi due secoli, e con moltissime varianti di conio, anche perché i punzoni allora si usuravano rapidamente. Aggiungendo le varianti dovute alla presenza di contrassegni dei maestri di zecca, a segni come spinette, globetti, mezzelune, Crocette, stelline, trifogli, si arriva a molte centinaia di varianti.

Due parole - necessarie - sul "Castello" che costituisce il soggetto del diritto delle monete genovesi ininterrottamente per cinque secoli, e cioè fino al 1637. Castello a tre torri, ma anche porta a due battenti con archetti probabile riferimento al nome stesso di Genova, IANVA, ispirato forse al dio Giano, ma che significa certamente anche "porta". Porta, luogo e mezzo di transito dei commerci fra il Mediterraneo e l'entroterra europeo.

Del molto da dire ricordiamo solo che il Castello costituisce il famoso marchio "Torretta" impresso dagli antichi argentieri genovesi (i "fraveghi") su quelli che sono ora preziosissimi e ricercatissimi oggetti d'arte orafa.

La costanza della rappresentazione del Castello, unita alla sperimentata bontà della moneta sia in peso che in lega, costituiva garanzia su tutti i mercati e fiere dell'epoca, anche se ciò certamente portava ad una notevole monotonia della monetazione genovese.

Di poco posteriore al denaro è la sua frazione, il mezzo denaro; stesse caratteristiche, ma più piccolo: peso circa 0,4 grammi, diametro 12 - 13 millimetri, stessa lega.

Dalla frazione al multiplo. A partire dal 1172 la zecca genovese batte una moneta d'argento ad alto titolo (958 ‰), del valore di 4 denari, che poco dopo con piccole variazioni di peso e caratteri, passa a 6 denari (mezzo soldo).

Naturalmente stesso soggetto Castello / Croce, peso circa gr. 1,5 , diametro sui 20 mm. nome: grosso, comune a monete analoghe, con soggetti diversi, battute da moltissime zecche europee. Si dice, vero o no che sia, che da "grosso" derivi il termine "commercio all'ingrosso" mentre dal denaro, più piccolo cioè più minuto deriverebbe "commercio al minuto".

Nei primi anni del secolo XIII (poco dopo il 1200) ha inizio la coniazione di monete d'oro. Dapprima una monetina (la più piccola moneta d'oro genovese) detta soldo d'oro o anche ottavino in quanto ottava parte del genovino, emesso poco dopo ma unità base delle coniazioni auree.

L

'ottavino ha diametro di 10 millimetri, peso di 0,43 gr., riporta al diritto il Castello con ai lati le lettere C e V (per Cunradus), al rovescio la Croce e le lettere I-A-N-V da leggere in senso antiorario. Quasi contemporaneamente vengono battute la quartarola, quarta parte del genovino e il genovino stesso. Come al solito, (per entrambe) Castello e IANVA al diritto, Croce e CVNRADVS REX al rovescio. Peso gr. 0,9 circa e 3,50 rispettivamente. Ricordiamo ancora che il genovino equivale oltre che al dirhem, anche al fiorino di Firenze e al ducato (detto poi zecchino) di Venezia. Il nome del Re compare scritto come CVNRADVS o CVNRADl.

In realtà quella specie di l col gancio non è una I, ma una abbreviazione paleografica di VS, quindi significa anch'essa CVNRADVS. Ricordare che la U era allora scritta come V.

La quartarola, infine, venne coniata probabilmente per avere una moneta (gr. 0,9 circa) equivalente al Robai arabo e al suo corrispondente arabo-normanno di Sicilia, il Tarì (quarto di dirhem) indispensabile per facilitare gli acquisti di grano siciliano da parte di Genova.

Intorno al 1252 si ha un cambiamento nel tipo monetale: sul diritto la leggenda è CIVITAS IANVA anziché solo IANVA. Il genovino ha il Castello entro una serie di archetti (anziché entro un cerchio di perline), come pure la Croce. Ma la novità importante è un'altra: il peso scende da gr. 3,5 a 2,6 e il titolo dell'oro da 1000 ‰ a 958 ‰.

Secondo alcuni studiosi, ciò fu conseguenza di una crisi economica, mentre per altri si trattò di mantenere ad 8 soldi il valore della moneta, diminuendo per la svalutazione il peso e la lega. L'esperimento non ebbe certo buon esito, tanto che presto si tornò, come peso e lega all'antico, come vedremo.

Oltre al genovino venne battuto anche il grosso d'argento, nonché la "petachina" o "sesino", il mezzo soldo in argento basso (mistura) cioè a titolo circa 500 ‰. A partire dal 1280 compare il terzo tipo monetale, caratterizzato ancora una volta dalla modifica della leggenda del diritto, che diventa IANVA QVAM DEVS PROTEGAT talvolta abbreviata. Inoltre, si torna al peso e alla lega della prima emissione. Lo stile è però diverso, direi più elaborato: Castello e Croce sono entro cornici di archetti, con stelline e rosette, trifoglini, etc.

Peso, come detto di nuovo 3,5 gr., oro a 1000 ‰, diametro 22 millimetri. Simile il grosso d'argento, peso gr. 2,9; diametro mm. 28, titolo 958 ‰.

Discussa (e finora non del tutto risolta) l'attribuzione a questo periodo del denaro - ormai noto come "minuto" - che per molti andrebbe assegnato ad un periodo posteriore (1397). Comunque, dicitura IANVA Q.D.P. diametro circa 15 mm., titolo in argento solo 150 ‰.

Nei primi decenni del Trecento la zecca di Genova conia tre pezzi di notevole interesse storico, oltre che numismatico.

Nelle continue lotte intestine (frequentissime in molte città di allora), a Genova nel 1318 ha il sopravvento il partito guelfo, che fa battere un genovino simile a quello del III tipo, ma caratterizzato nella leggenda del diritto (in alto a sinistra) da un leoncino, emblema dei Guelfi. Moneta molto rara, come del resto avviene per quasi tutte le emissioni a carattere politico.

In quegli anni i Ghibellini, perso il potere a Genova, si ritirarono nel ponente, quasi certamente a Savona ove fecero battere (forse nel 1320) una moneta d'argento, espressione dell'autorità del fuoruscito "antigoverno ghibellino". Ne è stato ritrovato (presso Savona, nel 1883) un solo esemplare, conservato a Genova nel museo di Palazzo Rosso, detto "aquilino" perché mostra al diritto l'aquila imperiale dei Ghibellini con la leggenda significativa "FIDELIVN INPERII" e al rovescio la Croce con la leggenda, anch'essa significativa "IANVE ET DISTRICT".

La fazione ghibellina riacquista il potere a Genova nel 1334 e fa subito battere un tipo di genovino dove al posto del leoncino, compare l'aquiletta ad ali spiegate.

Non si può chiudere con questa prima parte della attività della zecca genovese, senza ricordare quelle che sono le più interessanti e originali emissioni della stessa, e cioè i quartari o quarti di denaro, le monete di nominale più basso in assoluto, in lega tanto povera d'argento (da 2 a 1 %) da essere considerati come di rame. Comparso probabilmente poco dopo la metà del secolo XII, assomiglia parecchio al denaro: al diritto il Castello e Q IANVA, al rovescio la Croce, a bracci sottili e lunghi con la scritta, a coppie di lettere, nei quattro angoli, CV RA DR EX. Diametro 15 - 16 mm. peso non superiore al grammo. Prima moneta con indicazione sia pure abbreviata del valore (Q).

Verso la metà del secolo XIII al Castello viene sostituito il Grifo, ormai soggetto del sigillo ufficiale di Genova.

Al diritto, quindi, non più il Castello, ma il Grifo rampante, e leggenda completa QVARTARO anziché IANVA. Al rovescio, Croce e CVNRADVS.

Alcuni sostengono che il gioco del "griffo e Croce" derivi da queste monete. Su alcuni esemplari, la parola CVNRADVS è sostituita dall'enigmatica stranissima parola "TOMAINVS".

Monete dei dogi a vita (1339 - 1528)

Siamo ormai al 1339, anno della riforma istituzionale: non più Consoli, Podestà e Capitani del popolo, ma Dogi a vita con periodiche dominazioni straniere (Re di Francia, Duchi di Milano, loro governatori etc.), in un periodo turbolento di lotte intestine che, come vedremo, durò fino al 1528.

Primo Doge (eletto il 23 settembre, dopo una tumultuosa assemblea del popolo) fu Simone Boccanegra, appartenente ai "popolari", come venivano denominati allora coloro che ora si direbbero appartenenti all'alta borghesia, per quanto non nobili.

Buon reggitore, Simone battè abbondantemente moneta: denaro in mistura, grosso e mezzo grosso d'argento, quartarola, terzarola (terzo di genovino) e genovino, di fattura simile al "terzo tipo" già descritto, con l'aggiunta però di "DVX" oppure "DVX IANVENSIVM" o anche "DVX IANVENSIVM PRIMVS".

Stanco delle trame per scalzarlo, rinunciò il 23 dicembre 1344, esule volontario in Toscana.

Gli successe Giovanni da Murta, saggio, onesto e deciso, morto di peste il 6 gennaio 1350. Pare (dico "pare") non abbia battuto moneta.

Terzo Doge, Giovanni Valente, intelligente, ambizioso, eletto quando già i Visconti, duchi di Milano, tentavano l'ingerenza in Liguria. Provato anche da insuccessi militari con Venezia, rinuncia il 9 ottobre 1353. A suo nome risulta battuto un solo tipo di moneta, il grosso con leggenda "DVX IANVE TERCIVS". Come quarto Doge, ritorna a Palazzo, con un colpo di mano, Simone Boccanegra. Caccia alcuni nobili nemici, ricupera per Genova castelli e borghi allora occupati dai Visconti (1358) con i quali poi fa pace.

Nel marzo 1363, invitato ad un banchetto organizzato da Pietro Malocello nella sua villa di Sturla, in onore di Pietro Re di Cipro, Simone viene avvelenato e muore il 13 marzo.

Batte moneta con "QVARTVS": grosso d'argento e genovino d'oro.

Gli succede Gabriele Adorno (ecco spuntare gli Adorno!) mansueto ma debole. Osteggiato per aumenti fiscali ("nihil sub sole novi"!) viene deposto nel 1370. Fa battere grossi e genovini del tipo solito, con "QVINT".

Doge VI è Domenico di Campofregoso (ecco che spuntano anche i Campofregoso), da allora acerrimi rivali degli Adorno per il potere a Genova. Doge dal 1370 al 1378, lotta contro i pirati, conquista per Genova la città di Famagosta nell'isola di Cipro. Col suo numerale (SEXTVS) si conosce il raro genovino.

Deposto il 17 giugno 1378, venne eletto Doge settimo Antoniotto Adorno (tenete presente nome e cognome: lo ritroveremo) deposto lo stesso giorno! Esistono tuttavia (monete rare) il genovino e il grosso col numerale "SEPTIM" che quasi certamente vennero fatte coniare e circolare da Antoniotto nel suo successivo dogato, per ovvie ragioni di orgoglioso puntiglio.

Ottavo Doge è Nicola Guarco (1378 - 1383), potente e facoltoso, espelle i Fregoso e confina a Savona Antoniotto Adorno, il quale però sobilla i suoi nemici e lo costringe a rifugiarsi nel Finale, presso i Del Carretto. Batte genovini e grossi del solito tipo, con leggenda "OTAVVS".

Al suo posto (Doge IX) viene eletto Federico di Pagana, deposto lo stesso giorno, sostituito da Leonardo Montaldo Doge X (1383 - 1384), potente, ambizioso, energico, amico dell'imperatore bizantino Giovanni V che gli regala il sacro "Mandillo", il Volto Santo che Leonardo a sua volta, (anch'egli colpito da peste) in punto di morte dona ai frati di San Bartolomeo degli Armeni a Genova.

Battè genovini e grossi, con leggenda "DVX IANVENSIVM DECEM" molto rari. Alla sua morte riesce a farsi rieleggere Doge (1384 - 1390) Antoniotto Adorno (l'ex Doge settimo) che probabilmente usa ora le monete col "SEPTIM".

Abilissimo a ambiziosissimo riesce a far liberare il pontefice Urbano VI, prigioniero a Nocera di Carlo III di Napoli, ospitandolo in San Giovanni di Prè, con grandi riconoscimenti. Irrequieto e inesauribile, batte gli infedeli in Tunisia, poi si dimette e si ritira a Loano.

Sostituito (1390 - 1391) da Giacomo di Campofregoso, Antoniotto riprende il potere (Doge per la terza volta) scacciando o imprigionando nemici a destra e a manca, fino al giugno 1392.

Gli succedono gli effimeri dogi (per pochi mesi ciascuno) Antoniotto di Montaldo (due volte), Pietro di Campofregoso, Clemente Promontorio, Francesco Giustiniano di Garibaldo, Nicolò Zoaglio e Antonio Guarco; nessuno di questi battè moneta. Ma il non domo Antoniotto Adorno ritornò al potere alla fine del 1394: governò burrascosamente per quasi due anni finchè, stretto dai nemici chiese aiuto al Re di Francia Carlo VI di Valois, che occupò Genova il 27 novembre 1396, nominando Antoniotto suo Governatore. E Antoniotto battè ancora moneta: il rarissimo grosso con "GVBERNATOR IANVENSIVM", oltre che denari minuti.

Fra i governatori che gli succedettero, ricordiamo Valerando di Lussemburgo Conte di Ligny che battè moneta (rarissimi grossi con le lettere L - L ai lati del Castello), e soprattutto Jean le Maingre de Boucicaut, detto "Bucicaldo" cortese, coraggioso, giusto e anche spietato. Sotto di lui (1407) nacque il Banco di S. Giorgio.

Altri governatori fecero battere moneta a nome di Carlo VI e non personale. In queste monete, il soggetto del diritto è uno scudo bipartito: insieme gigli di Francia e Castello genovese. Ciò a dimostrazione della necessità di mantenere il soggetto "Castello" per le già dette ragioni economiche, accanto all'emblema dell'occupante.

Cacciati i francesi nel 1409, i genovesi offrirono il governo a Teodoro Paleologo Marchese di Monferrato (1409 - 1413) che battè rarissimi grossi con iniziali T.M.

Due brevi dogati di Giorgio Adorno doge XVII (1413) che battè un genovino ora rarissimo, e di Barnaba di Goano (Doge XVIII - 1415) sotto il quale il genovino cambia nome diventando ducato.

Segue Tommaso di Campofregoso (1415 - 1421) Doge XVIIII. Da notare il grosso con lettere T.C. ai lati del Castello. Intelligente, ambizioso, procede al rinnovamento edilizio e alla sistemazione della darsena. Lotta coi Visconti, ma viene sconfitto da Filippo Maria Visconti che lo esilia a Sarzana (elargendogli però 30000 ducati).

Ricca monetazione quella di Filippo, ma in tutte le monete (sempre con Castello e Croce) compare il biscione milanese, il "draco permaximus qui civitatem fetido anelitu appestabat" ucciso (Sec XIII) da Uberto Visconti, capostipite della casata. Ricordiamo il ducato, il grosso (in due tipi, di cui il primo, con l'emblema milanese incombente sul Castello, venne presto sostituito da un altro tipo col Castello in maggiore evidenza).

Con le sue iniziali (F.M.V.) esistono anche i rari "aspri" battuti nella colonia genovese di Caffa sul Mar Nero, in Crimea.

Lotte alterne con Venezia e gli Aragonesi, rivolta, rielezione di Tommaso di Campofregoso Doge XXI (1436 - 1442) che batte moneta col suo numero di dogato. Seguono Raffaele Adorno (1443 - 1447) che batte moneta con i numeri XXII e XXIII, Giano di Campofregoso (1447) col suo rarissimo ducato (XXIV), Ludovico di Campofregoso (1447 - 50, Doge XXV), Pietro di Campofregoso (1450 - 58) che dopo travagliato governo venne ucciso a colpi di pietra per i suoi accordi col Re di Francia. Battè ducati, grossi, petachine e minuti, con il caratteristico monogramma religioso (al diritto) I h S e col numero XXVI.

Dal 1458 al 1461 è Signore di Genova Carlo VII Re di Francia, che batte ducati, grossi e minuti tutti rari, come sempre accade per le monete (e anche per i francobolli, amici filatelisti!) di occupazione. Sempre Castello / Croce, ma col giglio di Francia in alto al diritto.

Dopo un dogato di ... ben due giorni di Spinetta di Campofregoso, ed altro, altrettanto breve, di Prospero Adorno torna Ludovico di Campofregoso (XXVII - 1461 - 1463) cui appartiene un bel grosso con lettere L - C ai lati del Castello.

In questo tormentatissimo periodo si ha l'effimero dogato (17 giorni nel 1462) di Paolo di Campofregoso arcivescovo molto più politico che religioso, che tornerà a galla più volte.

Tornerà infatti nel gennaio 1463, Doge per la seconda volta (Doge XXVIII) fino al 1464. Focoso, irrequieto ma abile politico e anche militare, filofrancese, inviso ai duchi di Milano, ai quali dovette cedere dopo circa un anno. Sue monete (rare) ducato, mezzo ducato, grosso, soldino e petachina.

Segue l'altra dominazione milanese, quella di Francesco I Sforza (1464 - 66), che mette un po' d'ordine, nel suo breve governo. Batte (rarissimi) ducato, mezzo ducato e grosso. Gli succede Galeazzo Maria Sforza, signore di Genova per 10 anni, che impone una politica fiscale esageratamente esosa. Batte (al solito, molto rari) ducato, mezzo ducato, quartarola (oro) e grossi d'argento.

Prospero Adorno, già reggente per gli Sforza, nel 1478 si proclama Governatore, assistito da 12 Capitani di estrazione popolare. Nei quattro mesi di potere conia rari ducati e grossi.

Viene scacciato da Battista di Campofregoso Doge XXX con l'aiuto dello zio Paolo arcivescovo già nominato. Battista resta in carica per cinque anni e ricambia il favore allo zio, riuscendo a farlo nominare Cardinale. Batte moneta (ducati e grossi) col numero XXX e con un particolare simbolo, un compasso, ben visibile in alto nel diritto.

Nel 1483 lo zio Paolo gli rende la vita difficile fino a costringerlo alla rinuncia in suo favore. Quindi Paolo di Campofregoso Cardinale e Doge XXXI. Fa battere Ducato, mezzo ducato, grosso e minuto. Sul ducato, sopra il Castello, il galero cardinalizio, il cappello con i fiocchi ai lati. Nel bene e nel male, grossa personalità: pensate che oltre che cardinale fu anche un notevole pirata, nel senso di assalitore di navi nemiche. Dopo un governo di cinque anni e dopo un contrasto perdente con Lorenzo il Magnifico per Sarzana e Pietrasanta, fuggì a Milano, offrendo Genova agli Sforza purché avesse garantita la carica di Governatore. Il che avvenne regolarmente. Battè un rarissimo ducato ed un minuto ma dopo otto mesi venne estromesso: al suo posto, come Governatore, Agostino Adorno. Battuti a suo nome l'introvabile ducato e il minuto che porta le sigle AV - AG (Augustinus Adurnus Gubernator).

Agostino governa a nome del Duca di Milano Gian Galeazzo Maria Sforza (1488 - 1494) che con saggia amministrazione, buon controllo dei traffici e saggia politica permette anni di tranquillo benessere. Molti tipi di monete (tutte rare): multipli di ducato (triplo e doppio), ducato, multipli di testone, testone, e frazioni. Da notare il testone da 20 soldi o lira genovese, prima moneta effettiva da una lira: 13 grammi d'argento, 30 mm. di diametro, coeva dell'impresa colombiana. Testone, nome di monete che riportavano il volto del principe, duca etc. ma a Genova niente effigi, solo e sempre il Castello, anche se anche in questo caso sormontato dal biscione.

Nel 1494 gli succede lo zio, Ludovico Maria Sforza, il celebre Ludovico il Moro. Battè il ducato d'oro, il testone (o lira) e il rarissimo mezzo testone. Parecchio malvisto dai genovesi, che nel 1499 chiedono aiuto ai francesi, che da sempre ambivano al possesso di Genova (e di Milano).

Insediatosi a Genova col relativo Governatore, Luigi XII di Francia stipula coi genovesi alcune accettabili convenzioni commerciali. Battè monete d'oro (ducato) d'argento (testone, mezzo e quarto di testone) rispettando come al solito il Castello, con in più, in varie posizioni il Giglio di Francia. Fino al 1506 tutto va bene, col controllo del Governatore francese Filippo di Clèves, conte di Ligny, al cui nome va riferito un raro denaro minuto con le chiare iniziali FC - GI.

Poi il fattaccio. Dopo accenni di disordini alla fine del 1506 per questioni di rappresentanza nell'amministrazione, nel marzo del 1507 il dissenso sfociò in una vera e propria rivoluzione con cacciata su due piedi di Filippo di Clèves e nomina da parte del popolo del nuovo Doge, Paolo da Novi, artigiano tintore, (10 Aprile). Nel suo brevissimo dogato (meno di venti giorni) egli riuscì a far battere moneta, un testone ove, anziché le iniziali e il numero (XXXI) fece imprimere la leggenda "LIBERTAS POPULI IANVE" di evidente significato. Moneta rarissima (due esemplari nelle collezioni reali di Torino e Roma, quattro dispersi all'asta di cui non si ha più traccia, altri due attualmente in collezioni private in Italia).

Abbiamo detto brevissimo dogato: Luigi XII di Francia, avvisato subito, agì a tempo di record (come sia riuscito in pochi giorni a raccogliere truppe e a portarle alle porte di Genova, è per me un mistero). Giunto a Sampierdarena il 28 aprile, il 29 entrò a Genova da dominatore. Paolo da Novi, in fuga verso Roma, fu tradito dal padrone della nave, che lo vendette ai francesi per 800 scudi. Portato a Genova, condannato alla decapitazione, ebbe la testa, confitta su una lancia, esposta sulla torre di Palazzo Ducale; il corpo venne letteralmente squartato e le quattro parti esposte ciascuna ad una delle porte cittadine. Luigi XII, infuriato, stracciò le convenzioni esistenti, ordinò di costruire, presso il Faro, la famigerata "Briglia" a spese della città (200000 scudi d'oro). La fortezza venne costruita, ma venne salvata dalla demolizione la torre del faro (la futura Lanterna) regalando 200 scudi al francese direttore dei lavori Paolo di Bousserhaile. La Briglia ebbe però vita breve: fu demolita nel 1514 su ordine del Doge Ottaviano di Campofregoso.

La vendetta di Luigi XII si riflette anche nelle monete: egli fece coniare per Genova uno scudo d'oro assolutamente simile a quello francese: la prima moneta per Genova senza il Castello ma con le lettere "D.IAN", cioè Signore di Genova.

La "punizione" di Luigi XII si attenua nelle successive emissioni (scudi e testoni d'argento) monete nelle quali al diritto campeggia ancora lo scudo di Francia, ma al rovescio, sotto la Croce o a lato della stessa, ricompare il Castello. La Signoria di Luigi XII dura fino al 1513, quando con l'aiuto del pontefice Giulio II (e anche di Andrea D'Oria), viene eletto Doge Giano II Campofregoso (Doge XXXIII) sostituito dopo due anni da Ottaviano di Campofregoso abile, energico, aiutato esplicitamente da Andrea D'Oria. Sotto il suo dogato viene demolita la Briglia. Di lui sono noti i minuti, i piccoli umili successori dei denari, spesso mal conservati o mal coniati ma insostituibile testimonianza di quelle vicissitudini storiche.

Nel 1515 riprende il potere a Genova il Re di Francia (ora Francesco I) che ha come Governatore Ottaviano, con la discreta vigilanza di Andrea D'Oria, come al solito. Francesco I batte moneta a Genova del solito tipo Castello / Croce, ma col giglio di Francia nella parte superiore del diritto.

Nel 1522, pressato dagli spagnoli Francesco I lascia Genova, dove diventa Doge Antoniotto Adorno (Doge XXXV), amico degli spagnoli. Batte parecchi tipi di monete, tra le quali ricordiamo lo scudo del sole (così detto perché riporta una specie di astro stellato ad imitazione di analoghe monete francesi) caratteristico perché (prima volta!) il nome del Doge appare per esteso (ANTONIOTUS ADURNUS) e l'antico "IANVA" è sostituito da "GENUA".

Nel 1527 Andrea D'Oria riesce a far ritornare Francesco I Signore di Genova per la seconda volta: pur nel breve periodo (un anno) di signoria egli batte moneta, particolarmente testoni e mezzi testoni, nei quali ai lati del Castello sono presenti il giglio e la F coronata.

Nell'autunno del 1528 Andrea D'Oria, ormai passato agli spagnoli, scende pubblicamente in campo. Eliminato Francesco I, viene istituito a Genova il "governo dei dodici riformatori di libertà", che nel breve periodo compreso tra il 12 settembre e l'11 ottobre del 1528 definisce (avvalendosi di uno schema già elaborato poco prima da esperti incaricati da Andrea D'Oria) la nuova Costituzione o forma di governo, basata sull'istituzione della carica di Doge Biennale, cioè non più a tempo indeterminato.

Viene istituito anche un collegio di "sindacatori" eletti a rotazione, eccetto Andrea D'Oria che ne è membro direttivo a vita, quindi padrone effettivo di Genova, pur senza investitura ufficiale.

Nel mese di attività dei 12 riformatori vengono emesse due rarissime monete: il pezzo da 2 soldi e il soldino di mistura (argento a basso titolo) con la dicitura "LIBERTAS GENUENSIUM".

Finisce così dopo quattro secoli, il primo grande periodo (suddiviso come si è visto, in due parti) della monetazione della Repubblica Genovese, indubbiamente affascinante in quanto documentazione e testimonianza degli avvenimenti storici di quel tempo.

Ma se il 1528 fu per la storia di Genova e della sua zecca un cambiamento netto e importante nella forma di governo e nel tipo di emissioni monetali, per Savona fu la fine dell'attività della zecca, ma fu anche l'anno della durissima conquista della città da parte dei Genovesi, con le notissime vicende dell'interramento del porto e delle distruzioni in città. E a Savona questo triste episodio non è ancora del tutto dimenticato.

Io, genovese, ho a Savona molti cari amici e ad essi, come a tutti i Savonesi, voglio ricordare ancora le parole che ho fatto mie, e cioè ciò che fu detto dei genovesi e savonesi tanti anni fa, proprio a Savona, in occasione della nascita della Consulta Ligure fra le associazioni custodi delle tradizioni locali: "SE SEMMU INCUNTRAE, SE SEMMU CAPî, FRAE EMU E N'OU SAVEIMU".

Cenni sulle monete savonesi

Chiudiamo quindi con un breve cenno alle monete savonesi, interessanti tutte e tutte di non facile reperimento.

Ludovico il Bavaro, incoronato Re d'Italia a Milano il 31 maggio 1327, e Imperatore a Roma il 17 gennaio 1328, concesse al libero comune di Savona di battere "moneta imperiale di ogni tipo" il 15 luglio 1327, (quindi ancor prima di essere ufficialmente incoronato Imperatore). L'attività della zecca di Savona ha inizio però solo nel 1350. Fino al 1396 si hanno emissioni a nome della Repubblica, mentre in seguito si ha il periodo delle dominazioni e delle Signorie, da quelle francesi (Carlo VI, Luigi XI, Luigi XII e Francesco I) a quelle dei duchi di Milano (da Filippo Maria Visconti a Francesco Sforza) e ai Campofregoso di Genova (ricordiamo Spinetta e Guido) fino alla chiusura nell'infausto 1528.

Una breve elencazione delle più importanti monete (indipendentemente dalla rarità), forzatamente incompleta:

1) Repubblica (1350 - 1396)
denaro piccolo e obolo, che reca al diritto "COMUNIS SAONE" o l'aquila imperiale, al rovescio "MONETA SAONE" e la Croce.

2) Repubblica (1350 - 1396)
fiorino d'oro ad imitazione del fiorino di Firenze, notissimo, ma con leggenda "MONETA SAONE" (anziché FLORENTIA).

3) Carlo VI di Francia, Signore dal 1396 al 1410:
petachina (mezzo soldo) al diritto, scudetto bipartito con gigli e aquila, leggenda K . REX . F . DNS . SAONE al rovescio Croce e leggenda MONETA SAONE.

4) Spinetta di Campofregoso, Governatore e signore nel 1421:
petachina, al diritto, Aquila - COMUNIS / SAONE e scudetto dei Fregoso, al rovescio, Croce, scudetto e MONETA SAONE.

5) Filippo Maria Visconti, duca di Milano, Signore 1421 / 1435:
denaro piccolo od obolo al diritto Aquila e COMUNIS SAONE, al rovescio Croce con biscione milanese nel primo quarto, e MONETA SAONE.

6) Luigi XII Re di Francia, Signore, 1499 / 1510:
Ducato d'oro: al diritto, Aquila coronata e CIVITATEM SAVONAE, al rovescio, la Vergine col Bambino e VIRGO . MARIA . PROTEGE. .

La storia della monetazione ligure, o meglio dell'attività (sia pure sporadica) di varie zecche minori liguri come Loano, Nizza, Torriglia, Seborga etc. continua, affiancandosi a quella principale della zecca di Genova che continua ininterrottamente a battere moneta anche dopo la fine della gloriosa Repubblica (1814), per conto dei Re di Sardegna, ancora per molti anni.

Mi auguro amici, in un futuro che spero prossimo, di intrattenervi ancora su questo argomento.

 


Ultimo aggiornamento Ago.2005

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