Enrico Janin - L'ottavino primo soldo d'oro di Genova e le sue varianti - Da "La Numismatica" Aprile 1986


L'ottavino primo soldo d'oro di Genova e le sue varianti

Scopo di queste brevi note è solo ed esclusivamente quello di soffermarci un poco sulle caratteristiche dell'ottavino o (come lo definisce il C.N.I. cioè il Corpus Nummorum Italicorum (1) "primo soldo d'oro", battuto dalla Zecca di Genova nei primi tempi della sua lunga attività durata ininterrottamente, come è noto, per quasi sette secoli. L'ottavino è così denominato perché è l'ottava parte del genovino, il cui valore iniziale era appunto di otto soldi.

Non è certo mio intendimento parlare ancora della priorità della zecca di Genova per quanto riguarda la coniazione dell'oro rispetto a quelle di Firenze e Venezia: tale argomento è già stato ampiamente e ripetutamente trattato da esperti di storia e numismatica ben più ferrati di chi scrive (2-3-4).

Va notato invece il fatto ormai certo che prima del genovino vennero battute a Genova le sue frazioni, e cioè la quartarola (quarto di genovino) e l'ottavino (mezza quartarola) (3 - 5 - 6 - 7).

Ottavino e quartarola sono perciò le prime due monete d'oro battute dalla zecca di Genova, certamente nella seconda metà del XII secolo, non molto dopo che a Genova venne concesso (negli ultimi giorni del 1138) da Corrado II il diritto di battere moneta. Ricordiamo a questo proposito che il nome di Corrado compare sul rovescio delle monete genovesi quasi per cinquecento anni, fino al 1637.

È altrettanto certo, anche se non noto a tutti, che la coniazione di queste due monetine si rese necessaria a Genova per poter avere, in funzione degli intensi traffici con la Sicilia, la disponibilità di monete che corrispondessero, la quartarola al tarì d'oro battuto nell'isola dai re normanni, e l'ottavino alla sua metà (3 - 5 - 6). E ciò non solo per i rapporti commerciali con la Sicilia, ma anche per quelli con i paesi arabi, il che è ben comprensibile ricordando che il tarì era anche noto col nome di "robai", la moneta araba da cui il tarì deriva, battuta in Sicilia dai califfi musulmani e del valore di un quarto di "dirhem", la classica e diffusissima moneta d'oro araba, del peso di gr. 3,52 che è poi il peso del genovino di Genova, del fiorino di Firenze e dello zecchino o ducato veneziano.

ottavino 108
Foto 1 (C.N.I. n.108 D/ e R/)


L'ottavino, moneta piuttosto rara, è la più piccola moneta d'oro battuta dalla zecca di Genova: d'oro puro, essa pesa da 0,42 a 0,43 grammi, ed ha un diametro di circa 10 millimetri. Al diritto è riprodotto il castello tipico delle monete genovesi, con ai lati le lettere C V, le prime due del nome CVNRA-DVS evidentemente abbreviate per giustificatissime ragioni di spazio; sotto, una specie di X costituita da due V che si toccano. Segno questo di cui non si conosce con precisione il significato, anche se ne sono state date varie interpretazioni (3).

Al rovescio, la croce accantonata dalle lettere I A N V retrograde, cioè da leggere in senso antiorario. Anche in questo caso si tratta di un'abbreviazione della parola I A N V A, della quale è stata sacrificata l'ultima lettera.

Veniamo ora a quella che è la ragione di queste note.

Se consultiamo il terzo volume del C.N.I. (1) a pag. 16 vediamo che per l'ottavino vengono segnalate due varianti: considerando la prima moneta descritta (definita dal n. 108) la moneta-tipo (Foto n. 1) per la seconda (n. 109) (Foto n. 2) si legge nella descrizione del diritto, quanto segue: "..D/ Tutto c. prec., ma gli archetti di forma speciale..." senza altra precisazione. Ciò è in parte giustificato dal fatto che (cosa piuttosto insolita nel C.N.I. in questi casi) entrambe le varianti sono riprodotte nelle tavole delle illustrazioni, con poca utilità tuttavia ai fini di poter distinguere i particolari date le piccole dimensioni delle monete e la non eccessiva nitidezza delle riproduzioni, pur tenendo presente che queste sono da ammirare incondizionatamente, essendo state realizzate più di settanta anni or sono.

Fra gli autori di oggi, Lunardi (8) scrive "...archetti del castello di forma diversa..." mentre Pesce (3) precisa che "..una maggior curvatura degli archetti del castello costituisce l'unica variante di questa moneta...".

Avendo avuto l'occasione di esaminare e di fotografare le due varianti, mi è parso opportuno cogliere l'occasione per ricordare ai lettori cosa è l'ottavino e far loro vedere in cosa consista la differenza di cui parliamo.

Anzitutto, la forma degli archetti può essere, anzi è diversa negli esemplari che, dal vero o da riproduzioni varie, si possono esaminare: è indubbio, come in tutte le emissioni dell'epoca, che anche se l'ottavino venne battuto in quantità piuttosto scarsa, si rese necessario l'impiego di parecchi conii simili ma non identici, data la poca durata degli stessi a quell'epoca.



ottavino 109
Foto 2 (C.N.I. n.109 D/ e R/)

Ciò però non giustifica la precisazione "...di forma speciale...". A me pare che la differenza consista piuttosto nel fatto che nella variante alla quale il C.N.I. attribuisce il n. 109, prescindendo un momento dalla forma degli archetti, si notano due appendici che si dipartono, in posizione obliqua, dai due lati dello stelo centrale, sotto gli archetti.

Se mi è permesso un paragone, supponendo che lo stelo e gli archetti possano essere interpretati (il che tuttavia non risponde certamente al vero) come la raffigurazione stilizzata di una palma, le due appendici si potrebbero intendere come due rami cadenti o come due grappoli di datteri. Le due appendici possono essere uguali e simmetriche (come appare in qualche riproduzione di ottavino in pubblicazioni varie) (3) o anche lievemente disuguali per disposizione e dimensioni, come nel caso della moneta qui riprodotta (Foto n.2).

Tutto qui? Sì, amici lettori: è tutto qui. Del resto, chi mi conosce sa che io sono uno di quelli che si appassionano alle monete piccole. Mi sembra preferibile cimentarsi, con fatica pari alla soddisfazione, nell'esame e nella classificazione di monetine piccole, umili, spesso logore e male battute, come denari, minuti, quartari, oboli, ecc., e tanto più in questo caso, in cui si tratta di monetine "nobili".

BIBLIOGRAFIA

  1. Corpus Nummorum Italicorum, Volume III: Liguria, isola di Corsica, Roma 1912.(pag. 16).
  2. Astengo C., L'inizio della coniazione dell'oro a Genova ed una pubblicazione del prof. R.S. Lopez della Yale University, in "Riv. It. di Numismatica", Milano 1961.
  3. Pesce G.- Felloni G., Le monete genovesi, Genova 1975 (pag. 17-18-27).
  4. Lopez R.S., Settecento anni fa: il ritorno dell'oro nell'Occidente duecentesco, in "Riv. Storica Italiana", 1-2, 1953, Panvini Rosati F. Recensione in Annali Ist. It. di Numismatica, 195
  5. Pesce G., Monete genovesi, Milano 1963 (pag. 20).
  6. Trasselli G., I rapporti tra Genova e la Sicilia dai Normanni al '900, in "Genova e Genovesi a Palermo", Atti delle manifestazioni tenutesi a Genova 13.12. 1978-13.1-1979, Genova 1980 (pag. 16-17).
  7. Astengo C., Genova nella numismatica, in "Italia Numismatica", n. 11 e 12, novembre e dicembre 1957 e n. 1 del gennaio 1958 (pag. 14).
  8. Lunardi G., Le monete della Repubblica di Genova, Genova 1975 (pag. 29)

 


Ultimo aggiornamento Ago.2005

Home