Foto di cibo

Le foto di cibo sono molto condivise: pizze, piatti etnici, apericene sono oggetti colorati, in genere ben disposti nel piatto, in genere si è ben disposti, si pregusta e si vuole far partecipi gli amici che non sono lì. Nel mondo di tutti chef di inizio terzo millennio è normale che si fotografi il cibo, peccato che non si possano ancora condividere il profumo e il gusto. Forse è solo una questione economica, condividere una foto  costa meno di inviare un piatto a qualche amico per mezzo di un biker.

Meno divertente deve essere per un fotografo professionista fotografare nel suo studio un piatto che sembri appena sfornato. Un piatto freddo che dovrebbe sembrare fumante, pasta al sugo che deve essere spruzzata con un lucidante, olio che deve essere versato in continuazione sull’insalata. E poi proteggere l’attrezzatura fotografica da tutto quel che c’è in una cucina funzionante.

In ogni caso se si fotografa il cibo prima di mangiarlo vuol dire che si sta bene, guai a chi si lamenta. L’ Indice globale della fame GHI (fonte Wikipedia) dice che ci sono 10 nazioni con situazione allarmante (9 sono in Africa) dove c’è poco da condividere.

Selfie, grandangolo e schermi TV

Gran parte dei selfie è fatta tenendo lo smartphone in mano (60-80 cm dalla faccia). L’obiettivo degli smartphone è in genere un grandangolo. Caratteristica del grandangolo è quella di far sembrare grandi le cose vicine e piccole quelle lontane. Quindi la faccia del soggetto risulta con un gran nasone (la parte più vicina), larghi zigomi e piccole orecchie e, se viene ripeso tutto il corpo, le gambe sembrano corte e i piedi molto piccoli. Qualcuno chiama questo fatto selfie-dismorfia. Non sembra che questo sia un problema per chi guarda un selfie di un altro, se conosce la persona non vede il nasone ma l’idea della persona con la sua normale faccia e le sue normali gambe. La percezione visiva è quindi cambiata per molti in pochi anni. Un po’ diverso quando una persona guarda un suo selfie e si vede brutto/a.

Capita anche che il formato di un film fatto per la televisione di qualche anno fa (che era in formato 4/3) sia trasmesso stirato per occupare tutta la larghezza di uno schermo TV attuale (in genere in formato 16/9). Le facce, i corpi sono allargati con effetti anche ridicoli, ma molte persone correggono automaticamente l’immagine percependole normali, come si aspettano di vedere. A volte, più raramente i film in cinemascope (formato circa 2,3/1) sul normale schermo mostrano attori magrissimi.

Ora gli smartphone evolvono, ci sono obiettivi meno grandangolari e ci sono filtri software che modificano anche automaticamente le immagini.

I tempi di osservazione delle immagini sono diventati molto brevi e il cervello fa quello che può.
C’entra la Gestalt.